La Lizzatura raccontata da poeti e scrittori
La parola “lizzatura” designa il trasporto dei blocchi di marmo, dai piazzali di cava ai siti di carico (”poggi caricatori”), mediante una slitta (“lizza”) che ‘viene fatta scorrere sopra travi di legno (“parati”) trattenendola con funi che gli operai (“lizzatori”) avvolgono a travicelli (“piri”) infissi sui lati del percorso (“via a lizza” o vializza” oppurre, più brevemente, “lizza”), Una dettagliata descrizione è reperibile in F. Bradley, E. Medda, “Le strade dimenticate, Vie di lizza e discesa del marmo nelle alte valli apuane, amministrazione Provinciale di Massa-Carrara, Massa 1989 ”(seconda edizione 1995.), pp. ~1-24. Nel 1875 G.Milanesi nelle “Lettere di Michelangelo Buonarroti” con.ia.. rìcordi ed i contratti artistici, narra dei pericoli corsi per ben due volte da Michelangelo che assisteva alla Lìzzatura dei suoi blocchi di marmo che venivano direttamente scelti dallo stesso . Il Cavalier Raffaello Raffaelli nella sua rnonograña storica del circondario cli Massa e Carrara, compilata fino al 1881 ci ricorda che il trasporto dei marmi con la Iizzatura si trova nell’Istria durante il Rinascimento e nell’Antica Grecia.
F. Bradley – E. Mecida 1989 – 1995
Sotto il piazzale poi delle cave scende rovinosamente il cumulo dei detriti di marmo che l’escavazione continuamente aumenta. Scende colmando insenature; sfaldandosi per i versanti dei balzi, ammucchiandosi in fondo alla vallata o contro un ciglio enorme di rocce a mezzo monte. E’ il ravaneto. In essi sono tracciate le vie delle lizze. Per queste vie dal piano delle cave si fanno scendere i massi già quadrati su carri enormi tirati da bovi che li attendevano alla ferrovia marmifera. Enormi pioli sono piantati per queste vie, che hanno sempre il cinquanta o il sessanta per cento di discesa, e servono a fissarvi le canapi della lizza specie di slitta di legno, su cui i marmi van posti. Donde scenda Ientamente, senza ruine. Diversi uomini, detti lizzatori, posti sul davanti, dispongono sotto al blocco in discesa dei travicelli di legno detti parati, che ne attutiscono lo sfregamento contro la scabra via e ne agevolano il viaggio. Quanto pericolo! La canapa spesse volte si spezza e il masso enorme, se gli uomini non son pronti a ruggire, rotola loro a Larldeiaddosso e si vendica, uccidendoli: uccidendo essi piccoletti, che con piccoletti mezzi tentarono di portarlo vía dal suo santo luogo natale.
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi Carrara, primavera 1884
La lizza è una via seminata di detriti. I blocchi posano su le lizze, due travi legate, e le lizze scivolano su i parati, pezzi di legno sdrucciolevoli unti di sapone. I blocchi sono assicurati da funi che si legano ai forti blocchi di pietra infissi nel terreno donde sorgono piri, piuoli. Il capo lizza sta davanti e mette di mano in mano i parati che l’uomo dietro ai blocchi di mano in mano toglie da terra, quando è passato il peso. Il vocio degli uomini, ogni grido può essere I’ultimo, di dolore! Il piro di legno è consumato dal canapo, che vi fa un solco profondo come quello che fa il ferro alla caviglia del galeotto. Anche il marmo, ov’è infisso il piuolo, si consuma e si leviga. Talvolta si rompe il piro, si strappa il canapo, e il masso precipita. La violenza della massa cieca, terribile. Allora gli uomini sono schiacciati, storpiati. Il mollatore è I’uomo che sta al piro per tenere il canapo. E’ accaduto talvolta che nelle discese il peso della lizza ha sradicato il forte, e il mollatore vi è rimasto sotto. Gli altri uomini si chiamano portatori: Il capolizza dice la mia guida è sempre in vita, cioè sempre pronto, vigilante, lesto. Quando il canapo si rompe è come un serpe, fischia, attorce gli uomini, li soffoca, li strangola, li abbatte come a colpi di coda, formidabile rettile.
Gabriele D’Annunzio Carrara, luglio 1899
Tra questi baluardi corre, o è contenuto, il fiume dei sassi, e corre anche una strada. Ripida, la lizza, per il trasporto al piano dei blocchi cavati e squadrati. Era l’alba, vedevo scendere una “carica” di blocchi per la lizza ripidissima. Il masso, d’una véntina di tonnellate, legato e fornito sotto dì alcune assi, scivolava lentamente s11 altre assi insaponate come quelle su cui si mettono in secco le barche. I lizzatori, una dozzina, stavano intorno alle assia mano a mano che il blocco avanzava. Il capo lizza stava, piccolo, davanti al masso pauroso, al posto più rischioso. Il carico, perché non precipitasse per la china, era trattenuto da corde d’acciaio che un uomo mollava gradatamente dall’alto, srotolandoli da un gruppo di pali di legno infissi a un blocco di cemento. Questi pali sono detti “piri”, Spesso sono intaccati come da un taglio per Io sforzo delle corde, e per evitare che ne siano troncati l’uomo del canapo li lubrifica con dell’ olio minerale. L’altro giorno accadde che la corda d’acciaio, tesa da quattordici metri, si spezzò, tornò indietro, fu come unproiettile, colpi ‘uomo del piro, gli spezzò un braccio e le costole. Forse si salverà. Il capo lizza davanti al solo blocco che precipitava, fece appena in tempo a buttarsi da una parte, il blocco precipitò per una ventina di metri, venti tonnellate, senza fare altre vittime. Eppure, nei tempi di gran lavoro, i lízzatori gareggiavano a chi arrivava primo con tutto il carico a valle, per le diverse strade di Iizzatura. Talvolta è accaduto qualche scontro fra questi carichi, con vittime umane, perché arrivavano contemporaneamente al traguardo.
Corrado Alvaro Carrara, giugno 1933
E gli uomini della fatica e del fermo coraggioso110 alla “lizza”: uno scivolo, un piano inclinato nello scheggiarne e nel tritume: un greve e bianco cuno vi si affaccia dal ripiano della cava e quasi pencola, in sommo: discende lentissimo, per piccoli strappi inavvertiti: cade un centimetro alla volta, imbragato nei cavi: sdrucciola sulle tavole saponate che si appoggiano a traverse di legno, arriva allo spiazzo dopo ore, dopo gioni. I cavi, tesi corne le corde d’una guitarra, sono arrotolati in alto sui loro ancoraggi, a cui l’aderenza dei molti giri li avvolge: gli uomini mollano il capo libero, sì che uno scorrimento possa verificarsi, minimo, impercettibile.
Carlo Emilio Gadda Carrara , Luglio 1936